appunti

Il viaggio inizia con un racconto di qualche anno fa, che racchiudeva un’idea probabilmente abbastanza buona per diventare un buon thriller fantascientifico, una storia ricca di colpi scena, di personaggi strani, di un ritmo a tratti frenetico, di un finale del tutto imprevedibile. Di quelli, insomma, che il lettore divora

mercoledì 20 febbraio 2008

Prologo
Ancora buio sulla trama, salvo qualche ovvio sprazzo qua e là (o non saremmo qui a parlare di un progetto).
Però so come inizia la storia, su questo dubito che cambierò idea.
Inizia in Burkina Faso. Ho scelto questo paese perché ho adottato una bambina a distanza laggiù, e ogni tanto mi arrivano notizie su come stanno andando le cose. Attraverso il movimento che gestisce la comunità, posso chiedere ad altri genitori che sono stati in Africa i dettagli che mi interessano. Trattandosi di un prologo (la scena poi si sposterà in Italia), non sarà un lavoro troppo grosso.
Ho intenzione di dare da subito alla storia una certa connotazione esotica, e mi sono studiato usi e costumi davvero bizzarri che alcune comunità indigene continuano a praticare.
Vorrei che fossero tre o quattro pagine, non di più, in cui comparisse per la prima volta Mamadou Kinda. Vorrei "strapparlo" dalla sua vita ordinaria e mostrare al lettore la prima conseguenza del progetto di cui nel romanzo si parlerà più avanti, ma che di fatto è lo stesso del racconto "Salto nero".
Immagino che laggiù debba esserci un falso missionario che segue l'avanzamento dei lavori e che qualcosa vada storto.
Prima di iniziare una pianificazione vera e propria, vorrei iniziare a scrivere. Ne ho bisogno, per prendere subito contatto con il nuovo mondo. Qualcosa in realtà ho già, ed è l'unica cosa che sopravviverà al lavoro di questi anni. Ma c'è bisogno di un po' di lavoro.

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sabato 16 febbraio 2008

Flashback
Dopo l'idea di scrivere un romanzo (sto parlando sempre di quattro anni fa) mi arrivò anche la proposta di uno scrittore di farlo a quattro mani, la qual cosa conferì alla mia idea di fondo una bontà ancora più nitida e rassicurante. Una proposta che allora mi sembrò irresistibile, dal momento che non sto parlando di uno scrittore esordiente. Mi sembrò una ricchissima opportunità di arrivare alla grande editoria passando per una via breve, sempre che fossimo riusciti a portare in fondo il progetto, e soprattutto di imparare moltissimo di un mestiere che restava tutto da scoprire.
Così accettai.
Iniziammo a figurarci alcune possibili trame, dei personaggi, una serie di colpi di scena... Poi abbiamo cambiato, ricominciato da capo, ricostruito. Tutto è sempre andato nella direzione di un thriller classico, pieno di poliziotti e indagini.
Dopo una breve foga iniziale, è passato un tempo ragionevole per affermare che quel proposito sia finito nel dimenticatoio (entrambi abbiamo passato gli ultimi anni a fare molte altre cose) e di quello che avevamo pensato insieme non è rimasto praticamente nulla.
Riparto dalla mia idea originale (che continuo a pensare meriti di essere sviluppata) e da questo gigante nero che vedo sin dai tempi del racconto. Non so niente di polizia, di indagini, di metodi... finirei solo per scopiazzare i vari CSI, NCIS, Law & Order e chi più ne ha più ne metta.
Quindi questo romanzo non avrà niente in comune con ciò che sarebbe potuto essere, ma questo non significa che tutte quelle nostre chiacchiere non siano state preziose.
Lo sono state, per mille ragioni.

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giovedì 14 febbraio 2008

Mamadou Kinda
E' un gigante nero. Se penso a lui vedo mentalmente il John Coffey del Miglio Verde, anzi, vedo proprio Michael Clark Duncan.
All'inizio della storia vive in Burkina Faso, in un villaggio dove la gente muore di fame e va avanti grazie agli aiuti umanitari. E' uno dei pochi superstiti di una morìa (dalle cause misteriose) che colpisce il villaggio.
Crede nel dio cattolico (al momento non so a cosa serva questa informazione).
E' un contagiato.

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domenica 10 febbraio 2008

A proposito dell'idea
Pensando agli OGM e a quanto ancora poco sappiamo circa il loro impatto sul nostro organismo (nonostante il loro diffuso utilizzo) ho speculato un po' fino a immaginarmi un loro utilizzo sconvolgente. Ho immaginato la possibilità che potessero colpire il DNA, modificandolo. Nel mondo reale, lasciando fuori la fantascienza, tutto questo potrebbe concretizzarsi in malformazioni di origine genetica che potrebbero colpire più i nostri figli di noi (c'è chi sostiene che il sensibile aumento della statura media degli ultimi decenni sia dovuto in parte agli omogeneizzati che prima non c'erano); nel romanzo si va ben oltre, ipotizzando che un uso sapiente degli OGM possa modificare abbastanza in fretta il patrimonio genetico dell'organismo che li assume, fino ad alterarne le capacità e il comportamento.
L'idea è quella di trasformare un uomo in un computer, facendogli mangiare per un lungo periodo di tempo alimenti meticolosamente preparati che agiscano sul DNA apportando le "correzioni" necessarie.
In "Salto nero" abbiamo un gruppo di informatici che stanno facendo un test su una comunità dell'Uganda. Mi è sembrato plausibile che le cavie ideali fossero gli indigenti del terzo mondo, a cui sarebbe stato facile far arrivare una gran quantità di cibo alterato sottoforma di aiuti umanitari. L'eventuale morte causata dai primi esperimenti sarebbe stata facilmente gestibile manipolando l'informazione e comunque contando sul fatto che nessuno potesse farci realmente caso.
L'esperimento del racconto è un banale comando di rete che ordina alle cavie di compiere un salto. Tutto quello che serviva era la costruzione di un contesto che desse un senso al colpo di scena finale. Il romanzo dovrà sfruttare l'idea in maniera ben più strutturata.
Prima di iniziare sul serio sarà il caso di rispondere a un bel po' di domande.

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lunedì 4 febbraio 2008

Tamburi
Il racconto in questione è "Salto nero".
E' stato pubblicato on-line sulla rivista Delos il 20 maggio 2004, dopo essersi guadagnato il terzo posto al premio Brown.
Come dire un'eternità fa.
Leggetelo, se vi va. Sono convinto che sia ancora un'idea fresca, inesplorata e in linea con le tendenze della fantascienza dei nostri anni. Un'idea che (come mi dissero in molti in quelle settimane) merita un approfondimento. L'approfondimento che ho in testa è un romanzo, stranamente non proprio di fantascienza.
Sono anni che sto cercando di vedere la cosa da tutte le angolazioni possibili, di figurarmi stralci di trama, di delineare personaggi bizzarri. Quindi ho un po' barato nella presentazione di questo blog, dicendo che tutto il lavoro è ancora da fare. Diciamo meglio che tutto il lavoro manuale è ancora da fare, perché qualche sega mentale ci è già scappata.
Regola numero uno: prima di imbrigliare gli elementi giusti nella rete, lascia che tutti quelli sbagliati facciano le loro scorribande e poi tolgano il disturbo. Dovessero volerci quasi quattro anni.
In tutto questo tempo, quello che è rimasto nella rete è un nome: Mamadou Kinda. E la prima parola del romanzo: Tamburi.

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