Sto leggendo "Uomini che odiano le donne", di Stieg Larsson. Sono arrivato a pagina 150, ben oltre il numero di pagine che ho scritto per il mio romanzo. Il fatto è che nel mio succede molto di più, ma molto. E non è un problema di Larsson, questo capita praticamente in ogni libro che leggo. Anche perché "Uomini che odiano le donne" è piuttosto bello, senza bisogno che succeda continuamente qualcosa di interessante. E' una questione che mi devo porre, senza nascondermi dietro la troppo comoda bugia che "loro", i mestieranti, allungano solo il brodo e siccome sono bravi e sanno come farlo il lettore non ne soffre più di tanto. A volte, forse nella maggior parte dei casi (toh!), è davvero così, ma non quando leggo scrittori davvero interessanti, come sembra essere questo Larsson. Insomma, io non sarei mai capace di scrivere un libro di sei o settecento pagine, ne sono praticamente sicuro. Quindi c'è qualcosa nel mio stile (il mio stile! mah!) di radicalmente diverso dalla quasi totalità degli scrittori.
Perché questa cosa mi preoccupa? Perché, per esempio, una mia amica (nonché affidabilissima critica personale) mi dice: "Quando si leggono cose tue non sono ammessi cali di attenzione, perchè non ti ripeti mai. Chi legge devi starti dietro. Io però non so proprio dirti se questo sia un difetto da correggere o una caratteristica positiva del tuo stile. Io personalmente come lettrice sento il bisogno di essere appena appena un po' più 'accompagnata', ma non ho dubbi sul fatto che sia una preferenza soggettiva. Io sono una lettrice distratta, l'ho sempre ammesso, e un po' di ridondanza mi serve."
Ora, lei è molto carina ad accollarsi una buona parte della colpa; ho un altro amico, altrettanto affidabile, che mi avrebbe detto una cosa tipo "quando scrivi te mi basta fare uno starnuto e non ci capisco più un cazzo."
Insomma, la maggior parte delle persone leggono anche per rilassarsi un attimo, per godersi una storia in tranquillità, lasciarsi trasportare nelle vicende dei personaggi di fantasia. Non hanno voglia di tenere gli occhi stretti e di chiudere il libro con il mal di testa.
Tutta questa pappardella per dire che non sono capace di dedicare il giusto spazio alle descrizioni. Probabilmente non contestualizzo bene, quando parlano due personaggi si sa poco del loro aspetto fisico, quasi niente del luogo in cui avviene il dialogo. Tutte informazioni che sono "assolutamente" inutili ma "relativamente" importanti per dare la sensazione di autenticità. Se questi due che parlano sono seduti a un tavolino di un bar, il lettore dovrebbe sentire di trovarsi nel tavolino accanto, non so se mi spiego. Questo nelle cose che scrivo io non credo che avvenga, ma malgrado mi sforzi di studiare la scrittura di altri e ben più blasonati scrittori, non riesco mai a far mie certe buone abitudini. Quindi dedicherò una buona parte del lavoro di revisione a capire come riempire il tacchino, o gonfiare il rospo o quello che volete voi, purché non si tratti di allungare il brodo. Con il capitolo 14 si è idealmente chiusa la prima parte del romanzo (di tre previste), potrebbe essere una buona occasione per rilavorare su queste pagine, viste anche le considerazioni fatte nel post precedente.
Ecco, forse ho scritto il post più lungo del blog. Significa che sto imparando allora! ;-)
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